giovedì 12 maggio 2016

'Na tazzulella 'e cafè con Michele Scaranello

Buongiorno amici,

questa mattina vi presento Michele Scaranello. Sorseggiamo un caffè virtuale insieme a lui!

 

Ciao, Michele, piacere di conoscerti. Parlaci un po’ di te…

Mi definisco ancora un clochard della scrittura. Un autore poliedrico che ha bisogno dei suoi spazi e che agisce in assoluta libertà.  La mia è una vocazione. A 15 anni avrei voluto frequentare la scuola di cinema a Roma, ma la mia famiglia non aveva i mezzi per sostenermi. In compenso nulla m’impedì di scrivere le prime pagine di un romanzo. Così mi sono diplomato ragioniere programmatore e ho coltivato in segreto la mia passione. Ho iniziato l’università, ma a un certo punto ho mollato. Avendo già un lavoro stabile in banca, dovevo portare a termine quel romanzo e quel progetto in cui non avevo e non ho mai smesso di credere. A ventitré anni ho partecipato a un concorso con un romanzo breve estratto proprio da quell’opera e al primo tentativo ho vinto il primo premio. È stata una gioia immensa, specie perché avevo già collaudato il “muro spietato” su cui impattano gli autori esordienti. Quella gioia però fu subito funestata da una grossa delusione e per vent’anni ho abbandonato il mondo dei libri, letture comprese. Poi, per quei casi strani della vita, ho ripescato quel romanzo, l’ho auto-pubblicato su ILMIOLIBRO.IT e ho avuto la soddisfazione che per un anno (2012) è risultato il testo più venduto nella sezione narrativa. Da quel momento tutto quello che ho scritto è stato premiato e la consapevolezza mi ha portato a studiare, a leggere di più. Il tutto con sacrifici pazzeschi che spesso i lettori non colgono.



So che è solo da qualche anno che ti sei immerso nel mondo editoriale, nella vita quotidiana, infatti lavori in banca. Come mai questa scelta di intraprendere un nuovo percorso?

Per uno scrittore non è mai facile uscire dal guscio, ma è altrettanto vero che la mia storia è molto anomala rispetto al contesto. E non è affatto facile mettersi in gioco a cinquant’anni, in un panorama non certo facile, già ricco di scrittori affermati e non.  Ancor più difficile per uno che destina buona parte della sua giornata al lavoro e alla famiglia. Quasi impossibile per uno che come me è compresso in un mondo che non ha nessun collegamento col mondo della scrittura. È un grosso sacrificio ritagliarsi il tempo ma le passioni vere vanno assecondate e vissute. Sarebbe deleterio il contrario perché nella vita non si può vivere di rimpianti.


Michele Scaranello


Hai avuto modo di vincere alcuni premi e di farti conoscere anche come autore di opere teatrali, ma tra tutto cos’è che preferisci scrivere? Saggi, racconti o romanzi?  


Nasco come narratore. Scrivo romanzi per rappresentare le storie che divampano nella mia mente, ma non disdegno la scrittura per sceneggiature. Anzi per certi versi mi viene più facile.  In ogni caso mi piace sperimentare tutto quello che il mondo della scrittura abbraccia. Naturalmente ogni forma di scrittura ha regole e modalità diverse, ma in ognuna di esse cerco di travasare il messaggio universale che ho già elaborato o impresso in una riflessione, o in un elaborato più strutturato.Per questo motivo traslo i miei racconti contemporanei in sceneggiature o lavori teatrali. A ben guardare, i risultati sono arrivati e sono già molto soddisfatto, ma è sempre un punto di partenza.


Con la casa editrice Les Flaneur hai pubblicato un romanzo intitolato “L’ultimo tango”, parlaci di lui e delle emozioni che hai provato mentre lo scrivevi.


Le emozioni di questo romanzo sono state tante e hanno accompagnato le varie fasi della stesura. Il romanzo infatti è nato come racconto. È stata mia sorella a chiedermi con insistenza di scrivere qualcosa che riguardasse il mondo dei malati di tumore. Quando, qualche mese più tardi è scomparsa, già frullava una storia. Ci sono però volute diverse settimane per dar corpo a un racconto organico anche perché era quasi impossibile rileggere quanto scritto: a ogni passo si aprivano squarci di ricordi e sofferenza. Poi, col tempo, col giusto distacco è stato facile proseguire. La malattia di un altro familiare mi ha dato la forza e soprattutto la rabbia e la determinazione di portare avanti quel racconto, fino a trasformarlo in un romanzo breve.


In linea generale hai un messaggio che vuoi trasmettere ai tuoi lettori oppure no?

Ogni romanzo veicola messaggi e ogni lettore può e deve farne tesoro.  È un modo di interpretare la vita e spesso questa visione non coincide con quella dell’autore.  Quest’ultimo romanzo ad esempio è permeato di un messaggio estremamente positivo, a dispetto della storia molto drammatica. Tutto si potrebbe ridurre a una frase: Non smarrire mai il tempo e le passioni della vita (affetti inclusi). Purtroppo la nostra esistenza si esaurisce, o ce la erodono, in tante futilità quotidiane.  Dovremmo forse sentire il peso di una condanna imminente, peraltro onnipresente, come la morte, per scoprire o ritrovare il coraggio di vivere con intensità? Io penso che si possa recuperare questo valore per rigenerarsi, perché tutto il mondo va rigenerato.


Cosa ti aspetti dal futuro? Se ti immagini tra una decina di anni in che ruolo ti vedi?


Bella domanda. Da pensionato, magari da nonno, avrò almeno tutto il tempo che voglio. Scherzo. Per me è già una sfida impossibile il prossimo romanzo. Nel senso che da autore spero sempre migliorarmi. Tante volte ci penso, è vero. E tante volte spero che quest’attività possa prendere il sopravvento al punto da farmi raggiungere qualche traguardo più ambizioso, magari come regista. Eppure non mancano i momenti in cui vorrei mollare tutto e viverla la vita, piuttosto che raccontarla. Ma poi basta poco: un particolare, una frase, la visione di una scena insolita ad aprire l’orizzonte di una nuova storia che finisce per pulsare e compulsarti. Del resto credo che ognuno di noi nasce con una vocazione o una predisposizione naturale. Io sono nato per scrivere e penso che non riuscirò a farne a meno, a prescindere dai risultati e soprattutto dal riscontro del pubblico.


Grazie per essere stato con noi, Michele. In bocca a lupo per tutto!

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