mercoledì 12 ottobre 2016

Blogtour - Arrenditi all'amore idi Ilaria Militello

Buongiorno,

oggi ospito una tappa del blogtour dedicato al nuovo libro di Ilaria MilitellO: Arrenditi all'amore. Nello specifico vi  posterò il primo capitolo che, secondo me, è quello determinante per capire se la storia ci può piacere oppure no.

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CAPITOLO 1


Suona il telefono. Mi alzo confuso e assonnato, mi metto a sedere sul divano e mi guardo attorno cercando di far mente locale. In un flash torna tutto. Ieri sera ho litigato con Yong, di nuovo. Da quest’estate non facciamo altro che litigare.
Quando litighiamo e lui non riesce a gestire la discussione se ne va, prende la porta e si allontana. Alcune volte torna da sua madre, come ha fatto ieri sera, ed è una cosa che odio ma tanto lui non vuole capirlo. Spesso gli corro dietro, ma ieri sera non ne avevo voglia ed ero stanco perché abbiamo finito tardi con le prove del gruppo.
Il telefono squilla incessante, mi allungo sul tavolino e lo afferro, leggo sul display il nome di Kevin e rispondo.
«Ji? Sei a casa? Dove sei? Dormivi?», domanda agitato e con il fiatone.
«Sono a casa, sì dormivo. Che succede?»¸ domando subito.
Di solito Kevin è un tipo calmo e sentirlo parlare veloce ed affannato è sinonimo di arrabbiatura o preoccupazione.
«Kibum ha avuto un incidente», mi dice, il mio cuore manca un battito.
«Quando?», domando sgranando gli occhi.
«Adesso, ma non so dove e lui dice che non si ricorda. Sto girando per la città ma non so’ che fare Ji!», mi dice sempre più agitato poi sento inchiodare e un clacson.
«Stai guidando?», domando.
«Sì e ho appena saltato uno stop»
«Sei pazzo Kevin?! Accosta e dimmi che è successo!», esclamo incredulo. Kevin non è tipo che guida distratto, lui è quello razionale, tranquillo e sempre attento a tutto.
Lui è quello serio del gruppo. Quindi saperlo alla guida, in quello stato, mi mette in allarme ancora di più. Mi alzo di scatto e senza pensarci afferro le chiavi dell’auto ed esco di casa, salgo in macchina e mi metto in strada.
«Kevin….dimmi dove sei, ti prego».
«Non lo so! Te l’ho detto sto girando e mi sono perso». Guardo perplesso il telefono.
«Ma come ti sei perso Kev??!!Vivi a Seoul da quando sei nato, possibile che non ti sai orientare? È assurdo!!» spero così di farlo tornare in sé. «Sei solo? Dov’è Jung?».
«Non è con me… aveva una cena», dice e poi sento inchiodare nuovamente e bruscamente.
«Kevin!... Come stai?», mi preoccupo subito.
«Oddio a momenti battevo dentro ad una macchina».
«Senti, fammi la cortesia fermati ed aspettami», dico bruscamente.
«Ma Kibum ha bisogno!», esclama.
«Kevin se fai un incidente e finisci in ospedale mi dici come pensi di aiutarlo? Ferma quella merda di macchina! Accosta e aspettami, dove sei?», domando di nuovo e questa volta con tono rabbioso. Lo sento sospirare.
«Vicino al Banpo Bridge », mi dice.
«Dove di preciso?», domando, chiedendo con precisione la posizione.
«Te la mando tramite gps»¸ mi dice. È troppo agitato per capire dove si trova.
Aspetto le sue indicazioni e appena ho la sua posizione prendo quella direzione.
«Bene, aspettami lì e non ti muovere, poi lo cerchiamo insieme».
«Va bene», mi dice e capisco dal suo tono che non è felice. «Sto arrivando dammi pochi minuti. Hai chiamato Jung?». Gli parlo, cercando di distrarlo dai suoi pensieri su Kibum disperso chissà dove.
«Ho provato ma non mi ha risposto».
«Magari ora sta provaCopertina Arrenditi all'amorendo a chiamarti e trova occupato», dico, però non voglio chiudere la chiamata in questo momento e lasciarlo solo in questo stato.
«Quando arrivo riproviamo a chiamarlo, adesso resta al telefono con me», gli dico.
«Hai paura che faccio cavolate?»¸ domanda e lo sento sorride.
«Forse»¸ dico sorridendo anche io e distendendo i nervi. «Senti, che ti ha detto Kibum?».
«Mi ha solo detto che è caduto mentre era in bici e non riesce ad alzarsi, non capisce
dov’è e non si ricorda nulla»
«In che senso?».
«Quando mi ha chiamato ha detto che ha trovato il mio numero memorizzato come ultima chiamata, ma che non ricordava chi fossi». Lo ascolto perplesso e sgrano gli occhi.
«Forse ha battuto la testa…», dico pensandoci, poi inizio a vedere il ponte e gli chiedo dove sia, lui scende dall’auto e mi accosto. «Sali dai, continuiamo assieme».
Lui annuisce, chiude l’auto e sale sulla mia.
«Chiama di nuovo Jung e digli dove sei, digli che cosa è successo, poi chiami Kibum e vediamo di rintracciarlo».
«Forse prima è meglio rintracciare Kibum, non sappiamo in che condizioni sia».
Annuisco, sì ha ragione, ma in quell’esatto momento il suo telefono squilla, è Jung.
«Ehi amore!», risponde Kevin cercando di restare calmo. «Ecco, è successo che Kibum ha avuto un indicente… ero al telefono con Ji prima… no, lo stiamo cercando…sono con Ji…ok…ma non sappiamo dove sia…», sospira. Immagino che Jung sia preoccupato. «Sto attento, non sono solo…va bene…appena lo sappiamo ti
dico…ok, vai piano». Chiude la chiamata e sospira grave.
«È arrabbiato?», domando.
«Preoccupato», mi dice guardando fuori dal finestrino e poi guarda il telefono e chiama Kibum. «Non risponde», dice subito agitato. «Ji, non risponde oddio! Perché?», domanda in ansia.
«Calma, non mi fare agitare che sto guidando», dico nervoso mentre cerco di pensare a qualcosa, ma l’agitazione di Kevin non mi fa concentrare.
«Chiamo il leader», dice e non ho nemmeno il tempo di fermarlo che risponde subito.
«Shin… Kibum ha avuto un incidente ma non sappiamo dove sia… sta male!», dice agitato.
«Kevin, cerca di rilassarti e smettila di allarmare mezzo mondo, non sei d’aiuto».
«C’è Ji con me… sì, ok», dice e poi inserisce il vivavoce.
«Ji, dove siete?», mi chiede Shin.
«Stiamo cercando qualche segno di Kibum…… dato che non risponde».
«Non vi ha detto dove può essere?».
«Era confuso! Mi ha detto che sente il rumore di un fiume ed è in mezzo a degl’alberi, però è sicuro che non è il fiume Han», dice Kevin. Sospiro sollevato. Questa è una buona notizia, il fiume Han è lungo ed attraversa tutta la città, per trovarlo ci sarebbe voluta tutta la notte, se eravamo fortunati.
«Come è possibile che non sa dove si trova?»
«Ha battuto la testa, non ricorda più nulla ed è stordito».
«Ma come non ricorda più nulla… porca puttana! Ma dove cazzo è andato?», dice nervoso Shin.
«Calmati, lo troviamo», dico per tranquillizzare lui e noi.
«Bravi! Io sono in Giappone e non posso esservi d’aiuto», dice dispiaciuto.
«Lo sappiamo Shin, tranquillo ti faremo sapere appena lo troviamo»
«Grazie Ji», dice sospirando, poi ci salutiamo e guardo male Kevin che ricambia con uno sguardo perplesso.
«Non dovevi chiamarlo, ora starà in ansia».
«Se non gli dicevo nulla poi dopo si incazzava», mi dice con rimprovero in sua difesa. Lascio perdere perché so’ che ha ragione.
«Dalla prova a chiamare di nuovo Kibum, vediamo se risponde». Kevin annuisce e lo chiama di nuovo, dopo tre squilli risponde e ringrazio il cielo.
«Kibum dove sei, ti sei ripreso?... Come?... Arriviamo, ma devi dirmi dove sei!...». Kevin è agitato e gli fa le stesse domande senza avere successo. Sospiro e accosto, gli prendo il telefono e gli parlo io, mi è venuta un’idea.
«Ehi Kib, sono Ji, ti ricordi di me?».
«No… chi sei?». Rimango spiazzato dalla sua risposta, ma continuo a farglidomande.
«Sono Eunji, eravamo nello stesso gruppo tempo fa… ricordi??».
«Assieme a Kevin?», domanda.
«Esatto».
«No scusa non mi ricordo», dice e lo sento sospirare sofferente.
«Va bene, non ti preoccupare in questo momento non è importante. Ho un’idea su come fare per rintracciarti se tu riesci ad aiutarmi», cerco di capire se è abbastanza lucido.
«S-sì, se posso».
«Riesci a mandarmi un messaggio? Anche a questo numero, ma devi attivare il gps così che dal messaggio posso vedere dove ti trovi».
«Va… va bene, ci provo», dice.
«Ok, io stacco la chiamata, aspetto il tuo messaggio», dico con un po’ d’ansia.
Chiudo la chiamata e resto in trepidazione ad aspettare il messaggio che tarda ad arrivare. Kevin si avvicina ansioso fissando come me il display. Restiamo in silenzio, con i nostri pensieri e le nostre ansie che vanno crescendo più il tempo passa. Dopo quindici minuti abbondanti, finalmente, arriva il messaggio.
«Si trova in montagna… ma che cacchio ci fa lì?»¸ domando guardando Kevin con la
bocca semiaperta. Lui mi guarda e alza le spalle, stupito quanto me.
«Va bene, chiama Jung e diglielo, andiamo subito là!», esclamo deciso, riaccendo l’auto e partiamo. Kevin sorride più rilassato e chiama il suo compagno. Io cerco di guidare concentrato anche se il mio pensiero va a Kibum, che cosa ci fa in montagna da solo? E in che condizioni sarà? Ho il cuore che batte come un dannato nel petto e
voglio raggiungere il posto il prima possibile.
«Va bene amore, tranquillo», dice Kevin, poi chiude la chiamata. «Jung ha detto di aspettarlo, viene anche lui a cercarlo». Annuisco senza neanche capire cosa mi sta dicendo.
Quando arriviamo sul posto, mi fermo nello spiazzale perché oltre non si può procedere con la macchina.
«Ora che facciamo Ji?», mi domanda perplesso Kevin.
«Scendiamo», dico aprendo la portiera.
«Ma è buio pesto, dove lo troviamo Kibum?», piagnucola.
«Se tu vuoi restare in auto fa pure, io scendo a controllare, restare qui è inutile». M’incammino e lui mi segue. «Non abbiamo nemmeno una torcia», mi dice stringendosi nella maglia.
«Non hai una giacca?», domando e lui scuote la testa, dicendomi che l’ha lasciata in auto. Sospiro e mi tolgo la mia per darla a lui quando vedo arrivare un’auto. Restiamo fermi e in silenzio fino a che non la riconosciamo.
«E’ Jung!», esclama Kevin andandogli incontro, lui esce dall’auto e lo abbraccia stringendolo a sé con fare protettivo.
«Stai bene?», gli domanda preoccupato, mentre lo guarda sfrega le mani sulle sue braccia per riscaldarlo. Kevin annuisce. «Sei ghiacciato! La giacca?»¸ chiede ma senza aspettare una risposta apre l’auto e tira fuori una giacca per lui mettendogliela sulle spalle, poi va verso il bagagliaio e tira fuori tre torce e una mappa.
«Sono passato da casa a prenderle, ci serviranno», dice e Kevin sorride.
«Hai fatto bene», gli dico, lui si avvicina e me ne porge una.
«Allora? Sai più o meno dove possa essere?», mi chiede e scuoto la testa.
«Il gps indica questo punto, oltre non va e con l’auto non si può proseguire, dobbiamo controllare a piedi».
«Va bene, andiamo allora, muoviamoci!»¸ dice prendendo per mano Kevin e nell’altra una torcia. Io afferro la mappa e iniziamo ad inoltrarci nel sentiero.
«Proviamo a chiamarlo, magari è qui vicino», dico iniziando a chiamarlo a squarciagola. Kevin e Jung si unisco a me, ma non sentiamo nulla.
«Potrebbe essere chissà dove»¸ dice Kevin preoccupato e poi cade a terra inciampando in qualcosa. «Kevin! Guarda dove metti i piedi», dico preoccupato, Jung lo aiuta ad alzarsi e si assicura che stia bene.
«Sono inciampato», esclama lui e punto la torcia dove è caduto, sgrano gli occhi quando vedo cosa l’ha fatto cadere.
«Ma quella è la bici di Kibum», esclama.
«Deve essere qui attorno allora», dice Jung guardandosi attorno e puntando la torcia ovunque.
«Kibum! Dove sei? Kibum rispondi!», urlo con il cuore in gola, mi sento l’aria mancare e ansimo. Kevin si unisce alle mie urla.
«Ragazzi guardate», esclama poco dopo Jung indicando sul terreno una scia di terra sconnessa. «Deve essere rotolato giù di qua», dice allungando la luce.
«Oddio!», esclama Kevin.
«Andiamo»¸ dico senza pensare e inizio a scendere.
«Ji aspetta!», esclama Jung e lo sento sbuffare, ma sto già scivolando giù.
«Kibum, dove sei?». Chiamo forte e sento una voce fievole provenire alla mia destra, punto la torcia e lo vedo, steso a pancia in su, pieno di terra e mi fiondo da lui, mi inginocchio e mi assicuro che non stia perdendo del sangue.
«Stai bene? Ti fa male da qualche parte?».
«Chi… chi sei?», mi domanda.
«Sono Ji..Eunji».
«Qu-quello che cantava… con me?», domanda sofferente.
«Sì, sono io, ma ora non sforzarti a parlare».
«E Kevin?»¸ domanda.
«E’ qui, sta buono e in silenzio», dico voltandomi. «Ragazzi è qui».
«Come sta?», mi domanda subito Kevin preoccupato.
«Non lo so». Punto la torcia per illuminargli la strada e mi raggiunge con Jung. Si inginocchia e gli accarezza le mani.
«Tu… tu sei Kevin?», gli chiede Kibum e lui annuisce.
«Dobbiamo chiamare i soccorsi», dice Jung.
«Riesci ad alzarti?», chiedo a Kibum mettendogli una mano sotto la testa, ma lui urla di dolore e tolgo subito la mano, per evitare di peggiorare la situazione.
«Lasciamo stare, facciamo fare ai soccorsi»¸ dice Jung e annuisco. Io e Kevin restiamo con Kibum mentre Jung si allontana per cercare campo e chiamare così i soccorsi, che arrivano poco dopo issandolo sulla barella.
Ritorniamo tutte e tre a casa, ma nessuno di noi riesce a dormire. I nostri pensieri sono rivolti a Kibum.

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