sabato 19 settembre 2015

Recensione: Voglio vivere una volta sola di Francesco Carofiglio



TRAMA

La vita di Violette è uguale a quella di tante bambine. Due fratelli, Jean e Augustin, una madre premurosa, un padre completamente assorbito dal lavoro. Un cane, Javert, conosciuto per caso e amato all’istante. E tante case: la prima a Roma, poi a Parigi, infine a Plouzané, in Bretagna, a pochi metri dal mare, il posto migliore per curare le ferite dei sogni non realizzati.
Le giornate di Violette corrono leggere, come quelle di tanti bambini, tra passeggiate, chiacchiere, giochi e letture. Le notti sono diverse. Perché Violette non dorme, cammina al buio, i piedi scalzi, l’abito celeste. Riempie le ore contando i libri dei genitori, tremilaottocentosettantotto per l’esattezza, sistema tutti i ricordi nel ricordario, per non perderli più.
E ogni giorno guarda il mondo e lo vede cambiare, le persone vanno a una velocità differente, crescono, invecchiano, spariscono. Invece lei rimane sempre la stessa, le stesse mani, lo stesso viso. Perché Violette è la bambina che non c’è. Non è mai nata, è il desiderio perfetto di tutti loro, mamma, papà, Jean e Augustin. Eppure vive, ride, corre, esiste, almeno fino a quando qualcuno continuerà a pensarla.
Sul confine magico che divide la realtà dal sogno, Violette ci racconta il suo mondo con una leggerezza allegra e malinconica, raccogliendo gli attimi, le emozioni e i gesti che nessuno riuscirebbe mai a immaginare.


LA MIA OPINIONE

Si tratta di un romanzo molto breve, ma nonostante ciò ho impiegato mezza vita a leggerlo. Sin dalle prime pagine ho capito che non era un libro che poteva fare al caso mio ma,  non essendo il tipo di persona abituata a dare un giudizio solo dopo poche righe, ho continuato a leggerlo. Peccato però che non mi ha conquistata nemmeno negli ultimi capitoli.
Violette, la protagonista, (il cui nome si scopre sola alla fine del romanzo) è una bambina che non è mai nata e la storia viene narrata da lei. Insomma... è qualcosa che supera ogni mia fantasia. Forse sarei riuscita ad apprezzarla di più se fosse stata narrata dal cane, dal folletto, o da chissà quale essere. Ma non da una bambina che nessuno vede o sente. Forse sono io che non ho colto il senso del romanzo o, semplicemente, non è stato spiegato a dovere. Nei primi capitoli Violette ci racconta attimi vissuti da quella che lei considera la sua famiglia. Attimi che non interessano il lettore e non lo incuriosisce e, a mio avviso, non hanno nessuna attinenza con il resto della storia. Ho cercato tra le pagine un messaggio, una morale, ma, ahimè, non l'ho trovata. Mi spiace dirvelo, ma è un libro che non vi consiglio. Io non vi ho trovato nulla di positivo.. e mi dispiace, perchè in questo modo la mia sembra essere una recensione distruttiva. Ma se avessi scovato qualcosa di bello, l'avrei scritto. Siatene certi.

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