sabato 5 dicembre 2015

Recensione: Tutto quello che siamo di Federica Bosco


TRAMA

Chiunque vi dica che avere diciannove anni sia una cosa fantastica è un imbecille. E lo dice perché non si ricorda com'era avere quell'età. Non si ricorda come ci si sente a essere costantemente arrabbiati, confusi e diversi. Sbagliati, sfigati, soli e sempre con qualcosa in meno rispetto agli altri. No, non se lo ricorda perché dopo va anche peggio. Dopo ci sono gli impegni, le responsabilità, il lavoro, la casa, la famiglia, persone di cui occuparsi... Il tanto desiderato pacchetto completo del "diventare adulti". Peccato che io una parte del pacchetto l'avessi già ricevuta prima del tempo. E senza nemmeno chiederla. Alcuni di noi giungono a questo mondo a bordo di carrozze dorate trainate da cavalli bianchi, atterrando delicatamente su una morbida coperta di cashmere, e il loro cammino sarà per sempre disseminato di profumati petali di rosa, altri invece ci arrivano trascinati da una mareggiata, sbattuti dalle onde contro gli scogli, e raggiungono la riva boccheggiando, coi capelli pieni di alghe e sabbia. Devo specificare di quale gruppo facessi parte?

LA MIA OPINIONE

Prima di iniziare a parlare del libro voglio premettere di averlo letto perché acquistato come regalo ad un'amica e vedermelo lì, sul comò, tutte le mattine, era per me un chiaro invito a cominciare questa lettura. Diversamente, dubito che sarebbe stato inserito nella mia lista dei libri da leggere prima o poi. 
Ciò nonostante, non mi sono pentita di averlo letto anche se non l'ho del tutto apprezzato. Ma devo ammettere di essermi rispecchiata, per certi aspetti, in Marina, la protagonista di questo romanzo.

Marina ha 19 anni ed ha una vita disastrosa, è rimasta orfana di madre, ha un fratellino di cui prendersi cura, un padre padrone e una matrigna cattiva. Inevitabilmente Marina si sente la versione moderna di Cenerentola. Vorrebbe andarsene di casa per non sottostare più al caratteraccio del padre, ma questo significherebbe abbandonare il piccolo di casa nelle sue grinfie quindi, pur di non lasciare il fratellino, rimane in quelle mura che tutto emanano meno che felicità. Svolge due lavori per guadagnarsi quattro soldi che le permettono di avere un minimo di indipendenza, i quali però la impegnano a tal punto da impedirle di frequentale L'Accademia di Belle Arti. 
Marina, come se la sua vita non fosse già abbastanza pessima, ha due amici strampalati. Uno è Dario, con il quale lavora, ed è uno scapestrato. L'altra è Ginevra, una ragazza che sembra ambiziosa e che passa la vita tra un locale e l'altro e da un letto all'altro. Ciò nonostante la loro amicizia regge e si aiutano come solo i veri amici fanno. 
Inoltre, la nostra povera Marina, si è perdutamente innamorata di un ragazzo che ha come obiettivo solo quello di approfittarsi di lei e della sua ingenuità.
Per tutto il romanzo si susseguono vicende dove, tra una e l'altra, si intravedono piccoli spunti di riflessione, che sono poi quelli che mi hanno fatto apprezzare veramente il libro. Anche se, se proprio devo essere sincera, avrei preferito un maggiore approfondimento di questi. 
Credo che l'autrice avesse come obiettivo quello di portare i suo lettori ad un punto di riflessione. Credo che volesse comunicare che avere diciannove anni non è poi così meraviglioso come in molti pensano, perché ci sono circostanze che ti rendono la vita un vero inferno. E credo anche, che la Bosco, per certi versi, ci sia riuscita a far recepire questi messaggi. Peccato però che non fossero dettagliati al punto giusto e che abbia buttato troppi ingredienti diversi nello stesso calderone, ovvero le scene degli amici o quelle con i ragazzi che Marina frequentava. Tutto ciò distraeva e rendeva la storia un pochino inverosimile, ma questa è solo la mia opinione.
Resta da dire che ho apprezzato lo stile dell'autrice che risulta fluido e piacevole. Sicuramente, in futuro, leggerò qualche altro suo libro. 
Spero che la mia amica possa apprezzare questa lettura più di me. 



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